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Modelli 231 inadeguati: la decisione della Corte di Cassazione

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    Himmel Advisors
  • 19 mag
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 19 mag



La Corte di Cassazione, attraverso la decisione n. 4535/2025, ha accolto il ricorso di una società contro l'imposizione di una misura interdittiva di un anno dai rapporti con la PA.


Il fulcro della sentenza riguarda la non retroattività di una violazione amministrativa collegata a un reato.



La società ha contestato la decisione del Tribunale del riesame, sostenendo che i giudici avevano erroneamente valutato un illecito secondo il D.Lgs. n. 231/2001, nonostante il fatto che il reato presupposto fosse stato incluso solo con l'art. 5 del D.Lgs. n. 75 del 2020. La condotta della società era avvenuta prima di questa modifica legislativa, il che violerebbe il principio di irretroattività. La società ha anche argomentato che, essendo trascorsi oltre cinque anni dalla fine delle attività ascrivibili al potenziale reato fino al primo atto interruttivo (la richiesta della misura cautelare), l'illecito risulterebbe prescritto ai sensi dell'art. 22 del D.Lgs. n. 231/2001.


La Cassazione ha chiarito che non si può sanzionare un ente per un illecito inesistente al momento della supposta attività fraudolenta. Ha anche precisato che le attività post 2020, considerate dal Tribunale come continuità dell'illecito, non costituiscono di per sé un illecito amministrativo a meno che non siano state inizialmente pianificate per nascondere un inadempimento doloso.


A sostegno di tale affermazione la Corte sottolinea i seguenti elementi che rappresenterebbero il carattere inadeguato del MOG adottato:


  • Mancanza di una mappatura completa del rischio reato;

  • Assenza di documentazione comprovante lo svolgimento di controlli da parte dell’Organismo di Vigilanza;

  • Limitatezza del budget affidato all’OdV per lo svolgimento dei suoi compiti (pari a 2.500 Euro annui);

  • Inadeguatezza della composizione monocratica dell’OdV.

Autore: Himmel Advisors

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