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Principio di "non discriminazione" vs Principio di liceità del trattamento dei dati personali alla luce della Sentenza della CGUE (C-394/23)

Immagine del redattore: Himmel AdvisorsHimmel Advisors


Nell'era digitale, la raccolta e l'analisi dei dati sono diventate pratiche fondamentali per le aziende che desiderano personalizzare le loro comunicazioni e migliorare l'esperienza del cliente. Tuttavia, la recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) ha sollevato interrogativi cruciali sulla legittimità di tali pratiche, in particolare riguardo all'utilizzo di alcuni dati come l'appellativo dei clienti.


La Corte ha stabilito che la raccolta di tali informazioni non possa considerarsi "oggettivamente indispensabile", specialmente quando il fine è la personalizzazione della comunicazione commerciale. La recente pronuncia della Corte pone sotto la lente un delicato equilibrio tra il legittimo interesse delle aziende a raccogliere tali informazioni e il principio di non discriminazione, sollevando questioni etiche fondamentali su privacy e tutela dei consumatori che riguardano, specificamente, la causa C-394/23.


La CGUE vieta l'utilizzo dell'appellativo sig. / sig.ra?


La recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Causa C-394/23) solleva importanti interrogativi riguardo all'uso degli appellativi di cortesia, come "Sig." e "Sig.ra", nel contesto della formalizzazione dei contratti e dell'erogazione dei servizi. È fondamentale chiarire che il giudice non vieta l'utilizzo di tali appellativi in situazioni specifiche, ma piuttosto ricorda i principi giuridici che, nel diritto UE, le aziende sono tenute a rispettare.


Dal punto di vista della protezione dei dati personali, la sentenza mette in luce, a nostro avviso, due tematiche essenziali:


  1. Divieto di inserimento obbligatorio dell’appellativo


    La Corte chiarisce che né le aziende pubbliche né quelle private possono subordinare la formalizzazione di un contratto o l’accesso ai servizi all'obbligo di inserimento di un appellativo da parte dell'interessato/a. In questo caso, si applica il diritto dei consumatori, che riconosce il principio di libertà e di non discriminazione nell'accesso ai servizi. Sebbene questa sentenza rappresenti un precedente giurisprudenziale, è applicabile al caso specifico; pertanto, è necessario analizzare ogni situazione singolarmente.


  2. Rispetto dei principi di Privacy by Design e by Default


    La Corte sottolinea l'importanza di garantire un trattamento dei dati conforme ai principi di privacy by design e by default. Il titolare del trattamento è tenuto a individuare una base giuridica valida per il trattamento dei dati e delle informazioni che intende raccogliere, gestire e, in ogni caso, trattare. Le due principali basi giuridiche oggetto di controversia sono state il contratto e l'interesse legittimo del Titolare, previste all'articolo 6 del Regolamento (UE) 2016/679.


    Da un lato, nell'ambito della qualificazione del contratto come base giuridica, la Corte ha chiarito che non vi è un obbligo di inserire appellativi specifici. Questo implica che le parti possono strutturare il contratto in modo flessibile e accessibile, senza che l'assenza di determinati termini formali di questa natura possa pregiudicare la validità della base contrattuale.


    Dall'altro lato, invece, pur considerando l'interesse legittimo come una potenziale base giuridica, la Corte avverte che non può essere conferita legittimità a un trattamento in assenza di un adeguato bilanciamento degli interessi. In questo contesto, è fondamentale che gli interessi dell'interessato prevalgano su quelli del Titolare. Pertanto, la giurisprudenza sottolinea la necessità di una valutazione equilibrata che garantisca la protezione dei diritti fondamentali dell'interessato rispetto alle legittime aspettative del Titolare, affinché il trattamento possa considerarsi conforme ai principi stabiliti dal Regolamento (UE) 2016/679. Tuttavia, per avvalersi di tale base giuridica, la Corte ricorda come il titolare dovrebbe:


    Indicare e motivare la base giuridica giuridica del trattamento: Prima di procedere con la raccolta dei dati, il Titolare è obbligato a fornire all'interessato un'informativa chiara e dettagliata riguardo alla base giuridica su cui fonda il trattamento. Questa indicazione non riguarda solo l'obbligo di trasparenza dettato dal Regolamento (UE) 2016/679, ma è fondamentale per consentire all'interessato di comprendere gli estremi giuridici alla luce dei quali i suoi dati verranno trattati. La motivazione dell'obbligo di indicare la base giuridica è radicata nella necessità di garantire la protezione dei diritti fondamentali degli interessati e nel rispetto dei principi di responsabilizzazione e trasparenza propri del Regolamento. Inoltre, il Titolare deve chiarire la finalità del trattamento, poiché questa informazione è indispensabile per un adeguato bilanciamento degli interessi tra il Titolare e l'interessato. La trasparenza sui fini del trattamento consente agli interessati di valutare se il trattamento dei loro dati sia giustificato o meno e rafforza il principio di autodeterminazione informativa.


    Minimizzazione del trattamento: Questo principio implica che il Titolare deve adottare misure attive per garantire che la raccolta e l'elaborazione dei dati non superino ciò che è strettamente indispensabile per raggiungere le finalità dichiarate. In tal senso, è essenziale che il Titolare effettui una valutazione preliminare riguardo alla tipologia e alla quantità di dati da raccogliere, assicurandosi di non acquisire informazioni superflue che non siano direttamente correlate alla finalità del trattamento. La minimizzazione del trattamento contribuisce non solo a tutelare i diritti e le libertà degli interessati, ma anche a limitare i rischi associati a potenziali violazioni dei dati.


    Spesso le aziende tralasciano l'importanza di questo principio che, non è soltanto una "garanzia" per gli interessati e le interessate ma anche per i Titolari stessi.


    La responsabilità di attuare questo principio ricade sul Titolare, il quale deve dimostrare una chiara giustificazione per ogni dato raccolto e trattato. Inoltre, è opportuno che vengano implementate pratiche di revisione periodica per valutare se l'ammontare dei dati trattati rimanga congruo rispetto agli scopi perseguiti. In conclusione, la minimizzazione del trattamento non solo favorisce la conformità alle normative vigenti, ma rafforza anche la fiducia degli interessati, dimostrando un impegno autentico da parte del Titolare a rispettare e proteggere la protezione dei dati personali.


    Rispetto del principio di non discriminazione: Il rispetto del principio di non discriminazione è fondamentale per garantire la piena tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, in particolare per quanto concerne l’identità di genere. Questo principio afferma che ogni individuo ha diritto a essere trattato con rispetto e dignità, indipendentemente da caratteristiche personali o sociali. La recente sentenza in questione ha un impatto significativo sia sulla protezione dei dati personali sia sull’equità nella gestione delle relazioni con i clienti. Stabilendo un chiaro divieto di discriminazione, essa ribadisce l'importanza di adottare pratiche aziendali inclusive e paritarie (anche nei confronti dei propri Clienti e Fornitori) che non solo rispettino le diversità individuali, ma che promuovano attivamente l'integrazione e il riconoscimento di tutte le identità. L'applicazione coerente di questo principio richiede un impegno costante da parte delle organizzazioni nel rivedere e aggiornare le proprie politiche e procedure.


In conclusione, sebbene la CGUE non vieti in modo assoluto l'uso di appellativi, stabilisce chiaramente che la loro raccolta deve rispettare rigorosi parametri giuridici volti a tutelare i diritti dei consumatori e la loro dignità, segnando un passo avanti significativo nella protezione dei dati personali.


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